L’avaro e la morte

PITTORE NAPOLETANO (metà sec. XVIII)
Inv. 454
L’avaro e la morte

Il dipinto rappresenta un anziano signore, forse un usuraio intento a contare delle monete cercando di far tornare i conti del suo patrimonio. Nel suo volto si legge una grande concentrazione ma anche nervosismo nervosismo; l’abbigliamento spartano e il berretto da notte ci regalano un’atmosfera casalinga ed intima. Ma dietro l’uomo compare la Morte: uno scheletro, coperto da un pesante drappo, che sta per sorprenderlo a punire la sua avarizia.
Il soggetto di quest’opera infatti è proprio uno dei sette vizi capitali, l’avarizia, e si colloca all’interno del recupero di questo tema, filo conduttore del ciclo di opere di Jacques de Backer (1555-1585), pittore fiammingo, conservate al Museo di Capodimonte a Napoli, realizzate intorno alla metà del XVI secolo.
La rappresentazione dell’uomo avaro solitamente è differente: viene dipinto mentre presidia i suoi tesori oppure mentre sta pesando la fede di una signora vedova che la impegna per il sostentamento dei figli; dietro l’uomo si può sempre però scorgere la Morte.
In questo tema dell’avarizia inoltre si possono leggere anche dei riferimenti biblici ed evangelici: la storia del servo del profeta Eliseo che trattiene con l’inganno di denaro di Naaman; oppure il riferimento alla parabola evangelica della stoltezza dell’uomo ricco che a causa della sua avidità trascura la sua anima.
Questo dipinto inizialmente era stato attribuito a Luca Giordano (1634-1705), come sottolineato nel legato Bertoldi, ma l’alto naturalismo della figura di fa pensare ad un artista successivo che ha subito anche l’importante influenza di Rembrandt (1606-1669).

7Rembrandt,_la_parabalo_del_ricco_agricoltore_(il_cambiavalute),_1627,_02
REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN, Il cambiavalute, 1627, olio su tavola, Berlin, Gemäldegalerie.