Capriccio

BERNARDO BELLOTTO
(Venezia 1721- Varsavia 1780)
Capriccio con arco di trionfo sulla laguna
Olio su tela, inv. 470
Capriccio con rovine di tempio romano sulla laguna
Olio su tela, inv. 471

Bernardo Bellotto nasce a Venezia il 29 maggio 1722 da Lorenzo e da Fiorenza Domenica Canal, figlia del pittore e scenografo Bernardo Canal (1674-1744). Dal matrimonio di quest’ultimo con Artemisia Barbieri, celebrato intorno al 1695, erano nati quattro figli, un maschio, Giovanni Antonio Canal destinato a diventare il famoso “Canaletto” (1697-1768), Francesca Marina (1703-post 1786) e Vienna Francesca (1708-1778).
Bellotto inizia quindi ad apprendere l’arte di veduta nella bottega dello zio, che inizia a frequentare a partire dal 1736. Con l’andare del tempo egli sarà solito apporre ai suoi dipinti la firma «Bernardo Bellotto detto Canaletto» contribuendo alla nascita di una lunga serie di equivoci, di cui la prima vittima fu proprio lo zio Antonio Canal, che non si firmò quasi mai con il soprannome.
Nel 1742 intraprende un viaggio verso Roma, fermandosi a Firenze e a Lucca, come testimoniano numerose vedute della città toscana. Negli anni successivi Bellotto lavora in Lombardia e alla corte torinese di Carlo Emmanuele III, fino al 1746 quando invitato dall’elettore di Sassonia Federico Augusto II parte per Dresda, ottenendo l’incarico di pittore di corte. Dopo un breve periodo viennese ritorna a Dresda nel 1762, trovando tuttavia una situazione socio-economica disastrata a causa della Guerra dei sette anni, che vede il Bellotto perdere il suo posto all’interno della corte impoverita. Nel 1767 lascia quindi Dresda per cercar fortuna a Pietroburgo, sostando prima a Varsavia per ottenere dal re Stanislao Augusto Poniatowski lettere di raccomandazione per l’imperatrice della corte imperiale russa. Il re di Varsavia decide invece di trattenerlo, offrendogli la nomina di pittore di corte nel 1768. Qui l’artista passa gli ultimi anni della sua vita.

Dal punto di vista pittorico il Bellotto deve molto allo zio Canaletto, soprattutto nel taglio prospettico delle sue vedute, le quali tuttavia si differenziano da quelle dello zio nell’uso di colori più scuri e nel marcato naturalismo. Tipica del Bellotto è anche la veduta ideata.

Anche i due dipinti asolani nascono dalla fantasia del pittore, essendo questi dei capricci.
Nel Capriccio con arco di trionfo i due fornici laterali dell’arco sono ciechi mentre quello centrale lascia intravedere, oltre il rialzo del terreno, la parte sommitale della facciata di una chiesa in stile palladiano con il campanile romanico simile a quello di Santa Francesca Romana in Roma; a destra della chiesa vi è un edificio con trifora di tipologia tardo-quattrocentesca. Nell’ultimo piano a sinistra si vede una porzione di cupola; a destra svetta in lontananza un campanile con cuspide troncoconica di tipologia gotica.
A destra si apre inoltre un paesaggio lagunare solcato da alcune imbarcazioni, al cui limite estremo un tempio, ispirato alla basilica veneziana della Salute, si specchia sulle acque.
Verso il margine sinistro, invece, svetta in primo piano parte di un obelisco, ai cui piedi conversano due nobiluomini: uno in marsina grigio-azzurra si affaccia da dietro il basamento, l’altro seduto su un grande frammento di trabeazione, colto di spalle, indossa la marsina giallo-ocra, ha sulle spalle il pastrano rosso e porta il tricorno. Alcuni viandanti percorrono la strada sterrata che collega la città al rudere, un personaggio che imbraccia il rastrello, colto in primo piano a destra in controluce, è seduto a terra. L’arco in primo piano raccoglie in se elementi che richiamano sia porta Santo Spirito sia l’arco di Tito che Bellotto disegna nel suo viaggio a Roma nel 1742.

In Capriccio con rovine di tempio romano, l’obelisco del capriccio precedente viene sostituito con una statua vista da tergo, mentre l’arco trionfale lascia il posto alle vestigia di un tempio antico con colonne dal capitello corinzio e trabeazione, simile a quello di Saturno nel Foro romano. A destra vi è ancora la laguna, ma sullo sfondo questa volta compaiono una piramide e una chiesa con cupola di tipologia palladiana e campanile romanico. Sulla sinistra si sporge dallo stilobate del tempio un giovane. Un viandante che si aiuta con il bastone si inoltra nell’avvallamento ombroso del terreno fra i basamenti del monumento con statua e del tempio. Al centro in primo piano in controluce, è colto da tergo un viandante seduto che si appoggia al bordone del pellegrino. Potrebbero essere identificati come archeologi ante litteram alle prese con degli scavi.
Secondo alcuni studiosi la statua in primo piano può essere interpretata come un soldato, o meglio un guardiano delle rovine. Questo genere di scultura infatti era molto diffusa nelle ville venete settecentesche, come in Villa Giustinian di Roncade, dimora frequentata sia da Canaletto, sia dallo stesso Bellotto, che potrebbe quindi essersi qui ispirato. Non a caso il proprietario della villa era all’epoca Marc’Antonio Giustinian, il probabile committente dei due capricci asolani.
Le due opere sembrano far riferimento a due disegni di Canaletto conservati presso la Royal Collection di Windsor, ma anche a due disegni di Bellotto conservati presso l’Hessisches Landmuseum di Darmstandt, caratterizzati dal fatto di essere eseguiti a puro contorno, senza l’ombreggiatura ad acquarello che riguarda invece quelli canalettiani. Questo fatto ha creato una divisione fra gli storici dell’arte per l’attribuzione dei due dipinti, tuttavia la maggior parte è d’accordo nel conferire la paternità a Bernardo Bellotto, soprattutto basandosi sulle tonalità profonde e autunnali tipiche di quest’ultimo, suggerendo una ripresa dello stesso repertorio di capricci realizzato dallo zio.
Per quanto riguarda la datazione le opere si possono collocare intorno agli anni 1741-1742, nel periodo che precede quindi il viaggio a Roma del pittore, è probabile infatti che abbia avuto modo di conoscere le rovine antiche già prima, grazie ai suggerimenti dello stesso Canaletto. Con tale datazione si può affermare quindi che le due opere asolane abbiano funto da modello per i successivi capricci eseguiti dal pittore.
Dal punto di vista interpretativo i due dipinti posso essere letti in chiave massonica, in particolare nel Capriccio con arco di trionfo sulla laguna gli elementi architettonici possono essere interpretati come tappe imprescindibili di un percorso iniziatico che comincia ai piedi dell’obelisco e prosegue varcando la prima soglia rappresentata dell’arco romano in rovina, si inoltra fino a raggiungere la facciata neopalladiana della chiesa, porta d’accesso di una città da identificarsi con la Gerusalemme celeste e si conclude con l’approdo a quella propaggine estrema, forse un’isola, su cui compare un edificio con cupola, raffigurazione moderna del Templum Salomonis. In questo senso il citato disegno preparatorio di Darmstandt è ancora più eloquente. I due nobiluomini, in piedi uno accanto all’altro, si apprestano a intraprendere un viaggio che varcata la soglia li condurrà alla meta finale rappresenta dall’edificio cupolato sullo sfondo. Nel secondo capriccio ritornano le consuete architetture, sullo sfondo una cupola, è affiancata da una piramide, tuttavia in primo piano, all’ombra del tempio e della statua colta da tergo, i due personaggi si affacciano e inoltrano dentro una fossa. Anche l’atto di scavare testimonierebbe la ricerca del Sepolcro.

 

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Bernardo Bellotto, Ruderi di tempio romano, penna su carta, Museo di Hessiches Landesmuseum, Darmstadt
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Bernardo Bellotto, Rudere di tempio romano, penna su carta, Museo di Hessiches Landesmuseum, Darmstadt
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Bernardo Bellotto, Arco trionfale sulla riva della laguna, penna su carta, Museo di Hessiches Landesmuseum, Darmstadt
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Antonio Canal, detto il Canaletto, Capriccio con arco di trionfo, penna e acquarello su carta, Royal Collection di Windsor